Il progetto
Il progetto “INA CASA. Una casa per uno. Una casa per tutti” nasce dalla volontà di recuperare storicamente e socialmente un'iniziativa del II° Dopoguerra, Gestione INA-Casa: intervento che lo Stato Italiano mise in atto, su tutto il territorio nazionale, per la realizzazione di edilizia residenziale pubblica. Si assunsero come modello le città giardino inglesi per progettare non case, ma micro città all’interno delle città. Quartieri autosufficienti dove presero forma concreta i concetti di bene comune e di comunità. Spazi e servizi per la collettività circondavano e attraversavano questi quartieri: giardini, zone gioco, scuole, orti, centri sociali, attività commerciali... e li rendevano popolati e popolari: pieni di vita e condivisione. Si realizzarono, su tutta la penisola, quartieri di grande valenza architettonica dal QT8 di Milano, al Tiburtino a Roma, allo Spine Bianche di Matera.
Le INA-Casa sono tutt'oggi riconoscibili dallo stile architettonico neorealistico e dalle targhe in ceramica policroma, che le caratterizzano, poste sulle mura degli edifici - disegnate da grandi artisti come a esempio Alberto Burri, Duilio Cambellotti, Tommaso Cascella, Piero Dorazio, Irene Kowaliska, Pietro De Laurentiis, Leoncillo Leonardi, Guerrino Tramonti, ecc.), a alludere al tema generale del progetto: casa come luogo felice.
La memoria di questo piano di edilizia è oramai flebile, intento dell’intervento di Aidoru è ritornare a camminare quartieri così unici, riconoscerli e intervistare gli abitanti per comprenderne la storia, sociale e personale, con la volontà di recuperare e rinarrare, un'opera di grande valore: per tornare a dare voce a queste micro città, tuttora vive e abitate, ma dimenticate dalle comunità e per gettare le basi di un futuro fatto di abitatori di spazi attivi e consapevoli del valore di comunità, capaci di adoperarsi per la conservazione del bene comune e altresì con la capacità di rielaborare le memorie storiche per immaginare e progettare scenari futuri migliori.
Le targhe INA CASA
Il 28 febbraio del 1949, dopo un iter parlamentare iniziato nel luglio dell’anno precedente, venne approvata la legge n. 43 “Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori” e contestualmente avviato il Piano Case Lavoratori, più comunemente noto come Piano INA Casa.
Nei quattordici anni di attuazione (1949-1963) vennero realizzati circa 355.000 alloggi in oltre cinquemila comuni italiani, distribuiti sull’intero territorio nazionale.
La quantità, ma soprattutto la qualità architettonica e urbanistica dei quartieri e degli edifici realizzati nel corso dei due settenni, non trovò più eguali nei successivi programmi di edilizia popolare. La progettazione urbanistica e quella dei singoli edifici seguiva precise direttive e indicazioni, espressamente riportate in una serie di agili manuali editi dalla Gestione INA Casa, che facevano propria la visione neorealista in campo architettonico. Proprio per questo, ancora oggi, i caratteri stilistici e l’omogeneità compositiva rende facilmente riconoscibili i quartieri INA Casa nei tessuti urbani e suburbani delle aree di espansione del secondo novecento.
A confermare questa riconoscibilità concorrono ancor più le inconfondibili targhe ceramiche, policrome e decorate, che riportano la caratteristica dicitura “INA Casa” associata a raffigurazioni che, talvolta con forme simboliche in altri casi con fogge astratte, richiamano il tema della casa e dell’abitare.
Questo segno distintivo, tuttavia, venne introdotto solo nel 1952, relativamente tardi rispetto all’avvio del programma. Nella primavera avanzata di quell’anno il Piano è pienamente operativo e i quartieri sono sempre più frequentemente terminati e consegnati. Nasce così l’esigenza di rendere chiaramente riconoscibili e identificabili gli effetti tangibili del piano stesso.
~Da "Le targhe INA Casa. Arte diffusa come segno distintivo dei piani di ricostruzione: esempi e protagonisti in Emilia-Romagna", Luca Rocchi, 2022